
Una delle prime domeniche dell’agosto 1961 Rita decide di andare da Manfred nel suo nuovo appartamento a Berlino Ovest e senza incontrare troppi ostacoli supera il confine e corre dal suo amato. Tuttavia trova un mondo occidentale materialista nella quale non riesce a sentirsi a suo agio e cerca invano di far tornare Manfred sui suoi passi.
“Qui c’era stata ogni giorno con i suoi pensieri; ed ora la vedeva. Represse la sorpresa che questa casa – una dozzinale casa d’affitto nell’uniforme via di una metropoli – potesse costituire la metà dei desideri e della fuga, per un individuo. Entrò nell’andito fresco, accorgendosi soltanto adesso dell’afa lasciata fuori. Salì lentamente su per la scala ricoperta di un linoleum consunto e lucidissimo…”
A questo punto si rompe la magia del legame che univa i due ragazzi e la distanza cresce inesorabilmente a causa dei valori distanti e l’incompatibilità di pensieri. I due personaggi diventano così allegoria di due mondi: uno capitalista e uno comunista il cui muro è solo l’apice di una divisione di valori e di un’incomunicabilità profonda.
Ne derivano due ritratti sociali che guardano positivamente e negativamente entrambe le posizioni. Da una parte Rita trova l’Ovest cupo, egoista ed individualista dove l’Ich (Io) predomina sul Wir (Noi) mentre Manfred interpreta l’Est come fittizio e svilente e non riesce a vivere sotto l’oppressione del mondo comunista. Le scissioni proprie della coppia riflettono quindi le ansie e le incertezze della società del tempo e il muro non viene visto come segno di separazione ma come conseguenza di una scissione già avvenuta e si pone solo come barriera tra individui già separati.
A Berlino ovest Rita vede il lusso occidentale, arrivata a casa di Manfred c’è un’atmosfera cupa. La zia di Manfred apparteneva alla piccola borghesia, si mette l’accento sull’isolamento (nella DDR collettiva), una nicchia in cui l’individuo sta rintanato, senza collegamenti.Nella Berlino ovest Rita si sente di essere all’estero pur sentendo la propria lingua.
“Rita, ora, conosceva la città. Vedeva dinanzi a sé in ogni dettaglio, a occhi chiusi, le sue strade e piazze, come si serbano solo le immagini viste cento volte. Tuttavia, nella luce di quelle giornate di maggio la città le era estranea. Dal cielo basso e nuvoloso proveniva una vaga minaccia e da sottoterra saliva – così pareva – una torbida ondata di menzogna, stoltezza, tradimento. Stava ancora celata; ma quanto poteva durare perché trasudasse nelle vie dalle fessure delle case e dalle finestre delle cantine? Il profondo disagio delle persone si scaricava talora in invettive e imprecazioni selvagge, dentro i tram affollati…”
Un altro aspetto interessante è la contrapposizione tra “wir”, che indica lo spirito di collettività presente nella DDR e l’individualismo della Berlino ovest. Inoltre dalle parole di Manfred, che dice a Rita di non parlare ad alta voce della DDR, si evince un conformismo borghese che porta Rita ad avere una sensazione di claustrofobia.
Quando Manfred fa un discorso sulla Germania, citando luoghi dell’ovest come la foresta nera, il Reno, dichiara il suo amore per Rita e le chiede di rimanere. Questa scelta impone a Rita di dare una parte di sé stessa, per cui c’è strazio e amarezza.
“Se ti prego: vieni con me? Io ti comprendo bene, Ma ascolta un po’ gli occhi, dunque. Ascolta un paio di nomi: Foresta Nera. Reno. Lago di Costanza. Non ti dicono nulla? Non è Germania anche questa? È per te ormai soltanto una leggenda o una pagina del tuo libro di geografia? Non è contro natura che tu non ne abbia il desiderio? […] a ognuna delle sue parole lei perdeva forza vitale. Era debole come non mai, piena di amarezza…”
Il mondo occidentale è percepito dalla ragazza come materialista, ella si sente estranea e prenderà le distanze.
“I suoi giorni e le sue notti erano d’una sostanza diversa che altrove: d’una sostanza straniera”.
L’intento di Rita sarà quello di persuadere il compagno a ritornare sui suoi passi. Di fronte alla proposta del ragazzo di rimanere nella Berlino Ovest, Rita vede impossibile il suo adattamento e la sua sopravvivenza in una realtà così diversa, una realtà che non le appartiene. Non c’è posto per lei, per loro.
“Poi tornarono a uscire, fuori, nell’afa. Rita si accorse che tutto cominciava a soverchiare le sue forze. Quell’immensa città sfavillante non aveva, dunque nessun luogo per loro due? -Non c’è un parco qui? – chiese. -Non proprio un parco: un giardino pubblico. -Andiamoci.
“Più tardi pensò: avremmo dovuto rimanere nella strada. Una via è una via, si sa cosa ci si può attendere da essa. Ma questo qui non sarà mai un parco. Quei pochi alberi e cespugli, tigli, viburni e lillà, avevano già oltrepassato il periodo migliore, per quell’anno. Erano grigi di polvere, e le foglie s’arrotolavano per la calura come pergamene sottili. Crepitavano al passaggio, sebbene non soffiasse un alito di vento. L’unica macchia di colore veniva dalle panche verniciate e variopinte, ch’erano occupate da vecchi e da giovani mamme, con le carrozzelle. Dove andavano le coppie di innamorati? […]” .
Rita reputa la decisione di Manfred prettamente egoistica e da quel momento la distanza tra i due crescerà inesorabilmente.